Nel dubbio..

27 agosto 2009

La Rai rifiuta il trailer di Videocracy.

Stato o religione

21 agosto 2009

E’ un po’ che ci rifletto, ed alla fine ho deciso che non serve uno dei miei post chilometrici per dirlo, perchè si tratta di verità “self-evident”.

Lo Stato, che regola la vita dei suoi cittadini, può e deve dettare regole che si applicano anche all’attività religiosa, ma non può e non deve occuparsi di religione. In particolare ogni manifestazione religiosa deve restare totalmente estranea allo Stato ed alle sue istituzioni.

Quindi, è sbagliata l’ora di religione nelle scuole pubbliche (e per ora di religione intendo quello che viene fatto ora in Italia, cioè l’inserimento di una dottrina religiosa fra le materie di studio).

Inoltre è sbagliato che negli edifici pubblici venga apposto qualsiasi simbolo religioso.

ancora ora di religione

21 agosto 2009

Leggo oggi su Republbica.it:

“Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del presidente della Repubblica numero 122, il Regolamento sulla Valutazione degli alunni è legge. Un provvedimento che conferma una serie di cambiamenti introdotti già quest’anno (come i voti numerici sin dalla scuola primaria e il voto di condotta) ma che contiene almeno tre importanti novità.

La prima, che susciterà certamente polemiche, è quella sui docenti di religione, recentemente estromessi dal Tar Lazio dal computo del credito. Il regolamento non tiene affatto conto della sentenza e siccome ha valore di legge a tutti gli effetti potrebbe “sanare” definitivamente la questione relativa ai crediti e rendere superfluo anche il ricorso al Consiglio di stato annunciato dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.

Se così fosse la frequenza della religione cattolica potrebbe garantire agli alunni che se ne sono avvalsi, alla stessa stregua di altre attività anche extrascolatiche, un punticino di credito in più. Il tutto, a partire dai prossimi esami di riparazione di settembre e a discrezione dei singoli collegi dei docenti. In questo modo, le insistenti pressioni dei vescovi sul ministero dell’Istruzione, con buona pace di coloro che hanno sostenuto a gran voce la laicità dello Stato e dell’istruzione pubblica, avrebbero ottenuto il risultato sperato. E l’impegno della Gelmini sarebbe stato mantenuto.”

In realtà non è esattamente così.

Intanto il D.P.R. 122/2009 è entrato in vigore ieri, 20.8.2009, ma è stato emesso il 22.6.2009, e quindi non poteva, neanche volendo, tener conto della sentenza del TAR Lazio.

In secondo luogo, le oredinanze ministeriali annullate dal TAR stabilivano cbe “i docenti che svolgono l’insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”. Questo non è invece previsto dal D.P.R. 122/2009 che si limita a ribadire la (ambigua) situazione che esisteva prima.

Rimane il fatto che in uno Stato moderno la religione e le istituzioni dovrebbero essere cose diverse, mentre così in Italia non è.

Ceterum censeo Silvium Berlusconi esse destituendum

Io non sono disposto a spendere soldi per comprare un giornale che mi rifila la roba che si legge sui cosiddetti “principali quotidiani nazionali”. Non sono neanche disposto a spendere dei soldi, neanche pochi centesimi, per comprare su internet le notizie di quei giornali o per avere il diritto di riprodurle.

Però sarei più che disposto a pagare dei soldi per finanziare delle inchieste giornalistiche.

Cioè, se un giornale mi dicesse: “Guarda, per fare un’inchiesta giornalistica come si deve servono mezzi, persone, capitali. Io ti propongo di finanziarmi questa bella inchiesta che ho in mente, e ti prometto che non mollerò fino a quando non avrò scavato fino al fondo”, io i soldi glieli darei. Poi, se il giornale ha lavorato bene, quando si ripresenta per chiedermi i soldi per un’altra inchiesta io probabilmente glieli ridò.

Il concetto è che cercare di piegare il web per far pagare il lavoro già fatto, come vorrebbero gli editori che ragionano in termini di diritto d’autore, è una battaglia contro i mulini a vento. Invece si potrebbe cercare di sfruttare il web per far pagare il lavoro ancora da fare.

Oh, io l’ho detta. E gratis.

Io non sono disposto a spendere soldi per comprare un giornale che mi rifila la roba che si legge sui cosiddetti “principali quotidiani nazionali”. Non sono neanche disposto a spendere dei soldi, neanche pochi centesimi, per comprare su internet le notizie di quei giornali o per avere il diritto di riprodurle.

Però sarei più che disposto a pagare dei soldi per finanziare delle inchieste giornalistiche.

Cioè, se un giornale mi dicesse: “Guarda, per fare un’inchiesta giornalistica come si deve servono mezzi, persone, capitali. Io ti propongo di finanziarmi questa bella inchiesta che ho in mente, e ti prometto che non mollerò fino a quando non avrò scavato fino al fondo”, io i soldi glieli darei. Poi, se il giornale ha lavorato bene, quando si ripresenta per chiedermi i soldi per un’altra inchiesta io probabilmente glieli ridò.

Il concetto è che cercare di piegare il web per far pagare il lavoro già fatto, come vorrebbero gli editori che ragionano in termini di diritto d’autore, è una battaglia contro i mulini a vento. Invece si potrebbe cercare di sfruttare il web per far pagare il lavoro ancora da fare.

Oh, io l’ho detta. E gratis.

Secondo me è il maiale

19 agosto 2009

Sì, sì, lo so che è solo chiacchericcio estivo (che poi non è tanto diverso dal chiacchericcio autunnale o da quelli invernali e primaverili).

Lo so che non bisognerebbe perderci tempo.

Ma quando uno legge in home page su Corriere.it titoli virgolettati secondo cui Brad Pitt avrebe detto “Clooney? Ma quale velina. Deve fare outing”. E quando uno legge su ilTempo.it che Pitt avrebbe detto “Ma quale velina? George ha un compagno”. Uno dei dubbi se li fa venire. Uno dice: qui c’è qualcosa di strano.

E allora uno va a vedere la frase (l’unica) che Brad Pitt ha detto.

La frase è: “Angie and I will not be getting married until George and his partner can legally do so”

Ora, come sa anche un bambino delle elementari un po’ svogliato che ha fatto il primo anno di inglese, “his partner” non ha connotazioni di genere. Il partner potrebbe essere, grammaticalmente, un partner uomo, una partner donna, un partner transgender o un partner animale.

Dedurre da questa frase che secondo Brad Pitt George Clooney è gay, dovrebbe fare aouting, dovrebbe decidersi a sposare il suo compagno, è una solenne cazzata.

Ok, il Sun, che riporta la frase, ricama sul fatto che gira una leggenda sotterranea secondo cui Clooney sarebbe gay. E qualcuno ha costruito dei castelli su quel “legalmente”, che sottintenderebbe che attualmente Clooney e “his partner” non potrebbero sposarsi perchè la legge in molti stati non permette il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Il che però avvalorerebbe altrettanto bene la tesi che il partner di Clooney possa essere uno dei suoi bulldog (visto che l’amato maiale è ormai morto da un po’, e sposarsi con un maiale morto mi pare un po’ troppo oltre).

Bah. Cosa resta? L’ennesima stupidaggine estiva. Con una constatazione in più: che i giornali italiani riportano allegramente virgolettati assolutamente inesistenti. Il Sun, ben più leggero (almeno nelle intenzioni) del Corriere e de Il Tempo, titola con altrettanta nonchalance ma non si inventa frasi mai dette. Cose di poco conto? No. Il metodo dev’essere lo stesso. Uno può anche spettegolare sulle presunte preferenze sessuali degli attoroni americani, ma ci sono standard minimi.

Poi hai voglia a lamentarti che i giornali non li compra più nessuno.

Ceterum censeo Silvium Berlusconi esse destituendum

Sì, sì, lo so che è solo chiacchericcio estivo (che poi non è tanto diverso dal chiacchericcio autunnale o da quelli invernali e primaverili).

Lo so che non bisognerebbe perderci tempo.

Ma quando uno legge in home page su Corriere.it titoli virgolettati secondo cui Brad Pitt avrebe detto “Clooney? Ma quale velina. Deve fare outing”. E quando uno legge su ilTempo.it che Pitt avrebbe detto “Ma quale velina? George ha un compagno”. Uno dei dubbi se li fa venire. Uno dice: qui c’è qualcosa di strano.

E allora uno va a vedere la frase (l’unica) che Brad Pitt ha detto.

La frase è: “Angie and I will not be getting married until George and his partner can legally do so”

Ora, come sa anche un bambino delle elementari un po’ svogliato che ha fatto il primo anno di inglese, “his partner” non ha connotazioni di genere. Il partner potrebbe essere, grammaticalmente, un partner uomo, una partner donna, un partner transgender o un partner animale.

Dedurre da questa frase che secondo Brad Pitt George Clooney è gay, dovrebbe fare aouting, dovrebbe decidersi a sposare il suo compagno, è una solenne cazzata.

Ok, il Sun, che riporta la frase, ricama sul fatto che gira una leggenda sotterranea secondo cui Clooney sarebbe gay. E qualcuno ha costruito dei castelli su quel “legalmente”, che sottintenderebbe che attualmente Clooney e “his partner” non potrebbero sposarsi perchè la legge in molti stati non permette il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Il che però avvalorerebbe altrettanto bene la tesi che il partner di Clooney possa essere uno dei suoi bulldog (visto che l’amato maiale è ormai morto da un po’, e sposarsi con un maiale morto mi pare un po’ troppo oltre).

Bah. Cosa resta? L’ennesima stupidaggine estiva. Con una constatazione in più: che i giornali italiani riportano allegramente virgolettati assolutamente inesistenti. Il Sun, ben più leggero (almeno nelle intenzioni) del Corriere e de Il Tempo, titola con altrettanta nonchalance ma non si inventa frasi mai dette. Cose di poco conto? No. Il metodo dev’essere lo stesso. Uno può anche spettegolare sulle presunte preferenze sessuali degli attoroni americani, ma ci sono standard minimi.

Poi hai voglia a lamentarti che i giornali non li compra più nessuno.

Ceterum censeo Silvium Berlusconi esse destituendum

Tema: le mie vacanze

18 agosto 2009

Le mie vacanze quest’anno le ho passate in un agriturismo in Stiria, perchè ci piace l’Austria, perchè ci piacciono gli agriturismi e perchè nella nostra comitiva c’erano troppi bambini piccoli e troppe donne incinte per andare a camminare in montagna.

Così abbiamo cerrcato sul sito Urlaub am Bauernhof (che è molto bello e completo anche se dall’inizio del 2009 hanno rinnovato un po’ la struttura e la grafica e io lo preferivo prima) e abbiamo trovato questo posto a Kapfenstein

.

Non sapevamo bene a cosa andavamo incontro. Temevamo un po’ di finire in mezzo al nulla e di non sfuggire al caldo di casa nostra. La zona infatti è collinosa, con cime più o meno alte come quelle delle nostre parti, e lo spostamento a Nord non era poi grandissimo. Inoltre la Stiria del Sud è famosa per le sue offerte autunnali: ottimi vini, clima temperato, zucche, mele, paesaggi dominati dai rossi e dagli arancioni, escursioni a piedi e in bicicletta. Agosto era un mese decisamente inusuale per andarci.

Invece è andato tutto molto bene e abbiamo passato una bellissima settimana.

Ecco cos’abbiamo scoperto.

Prima di tutto abbiamo scoperto che, anche partendo nel week end nero delle migrazioni di massa dei vacanzieri (il 9 agosto), se si segue una direttrice diversa dalle classiche rotte verso le coste o verso i monti, si può viaggiare tranquilli e senza traffico. Se poi uno s’è comprato la famigerata vinjeta annuale quando costava ancora 35 euro (e non 95 come ora), la soddisfazione è ancora maggiore.

Poi abbiamo scoperto che lungo il nostro percorso c’erano i famosi ed enormi krafen di Trojane, che in rapporto ai nostri sono circa uno a quattro (tanto per dire, se uno cerca Trojane su Google immagini la prima foto che trova è quella di un krafen).

Poi, quando siamo arrivati, abbiamo scoperto che la zona di Kapfenstein è veramente bellissima.

La famiglia Puff, i nostri padroni di casa, è stata gentilissima. Villa Lutz, la loro azienda agricola, produce vino e zucche; hanno un frutteto ed un orto, un pony un po’ spelacchiato che piace molto ai bambini, pecore e maiali, uno stagno con le ninfee, un bosco con una ventina di cervi. Ovviamente non mancano altalene, giochi e vasca con la sabbia per i bambini. Da lunedì a mercoledì offrono la mezza pensione, con cene deliziose tutte di carni e verdure della fattoria. Da giovedì a domenica le sere aprono l’osteria e gli avventori si accomodano ai tavoli sotto gli alberi davanti alla casa, e gli ospiti possono cenare con salumi e formaggi casalinghi ma la cucina è chiusa perchè – credo – non riescono a seguire sia gli ospiti interni che quelli esterni contemporaneamente.

Ecco, a voler trovare un difetto, le stanze, almeno quelle che abbiamo visto noi, sono un po’ piccoline, ma tanto ci si sta solo per dormire.

La zona è collinosa e agricola. A Kapfenstein ci sono poche case sparse, anche se non mancano campi da tennis e da beach volley (!!!) e il piccolo supermercato (unico negozio del paese, insieme alla banca) ha il suo sito internet. L’unica cosa che manca è un collegamento wi-fi, ma si può sopravvivere senza.

Inoltre Kapfenstein è a 10 minuti dal confine con la Slovenia e a mezz’ora dal confine con l’Ungheria e dal parco naturale Orsegi.

Poi, se uno vuole, in meno di un’ora si arriva a Graz. Se si va a Graz, la cosa più comoda è uscire dall’autostrada a Graz Est, parcheggiare al Murpark dove con 7 euro si paga il parcheggio per tutta la giornata e un giornaliero per tutti i trasporti cittadini (sul sito c’è scritto che ci sono anche parcheggi gratis, e in tal caso il solo giornaliero costa € 4,30, ma io questo non l’ho provato) e prendere il tram n. 4 che porta dritto alla Hauptplatz, nel cuore della città.

A Graz ci siamo stati. E’ sempre bella.

Oltre a quello che ricordavamo, abbiamo scoperto che dall’ultima nostra visita hanno costruito la Murinsel, un esempio di architettura moderna veramente bellissima che fa arrabbiare ancora di più quando la si confronta con la maggior parte delle schifezze, fatte passare per riqualificazioni, che le nostre amministrazioni riescono a far costruire.

Vabbè. Tornando a noi, naturalmente a Graz non si può non fare un salto allo Schlossberg. Siccome poi porto sempre in vacanza lo stomaco siamo passati alla Hofbäckerei Edegger; meritano veramente i dolci al marzapane: i Mozartkugel (che ricordano quelli industriali ma sono dieci volte più grandi e cento volte più buoni), e i Keiserdessert (wafer, marmellata, marzapane e cioccolata nera o al latte).

Altra cosa che abbiamo scoperto è che in Stiria del Sud si possono fare delle meravigliose gite in bici, veramente alla portata anche di chi la bici la tira fuori solo una volta all’anno in vacanza.

Noi abbiamo fatto questa, saltando però la parte più a Nord e quella più a Sud che avevano un dislivello più accentuato. Tanto chi ci costringe? Mica è una gara.

Un consiglio: se si parte da Bad Gleichenberg e si arriva fino a sotto Straden percorrendo stradine in mezzo ai campi e fra le colline veramente idilliache ma completamente prive del benchè minimo baretto, e se all’una si decide alla fine di fermarsi su uno dei vari prati per consumare sotto il sole che picchia due biscotti o un succo di frutta messo nello zaino alla partenza, bisogna invece resistere perchè dopo due o tre curve si arriva a Marktl dove c’è un museo della civiltà contadina (cioè una specie di affollata soffitta a cielo aperto dove la gente ha ammucchiato vecchi aratri, elmetti, zappe, ma anche cavalli a dondolo, organetti, lapidi funerarie e chi più ne ha più ne metta) e soprattutto c’è una trattoria con tavoli all’aperto sotto fronde ombrose dove servono bibite gelate e piatti di stagione.

Infine abbiamo scoperto che in Stiria del Sud ci sono delle attrezzatissime terme dove si possono tranquillamente passare intere giornate.

Noi siamo andati prima di tutto a Loipersdorf, a 15 minuti di macchina da Kapfenstein. Non costa pochissimo (24 euro il giornaliero, più 10 euro di cauzione che ti restituiscono quando riconsegni il pass elettronico, con possibilità di diminuzioni se stai dentro meno di 4 ore). Però ci passi veramente la giornata. Dentro ci sono piscine al coperto e piscine all’aperto; piscine termali a 38 gradi; piscine termali a 30 gradi; piscine d’acqua fredda; vasche per il relax; vasche con giochi per ragazzini con scivoli, trampolini, onde artificiali, vortici; vasche per bambini piccoli con sabbia, secchielli e giochini; massaggi; saune; solarium; due ristoranti; bar; prati per prendere il sole; campi da beach volley e da calcetto da spiaggia; villaggio degli indiani; giochi all’aperto; ecc. ecc. ecc. (puff puff).

Poi abbiamo provato ad andare a Bad Radkersburg, a venti minuti di macchina da Kapfenstein. Simile a Loipersdorf, anche se un po’ più piccolo. Di bello a Bad Radkersburg c’è inoltre che le terme sono proprio sulla Mur, con bei prati lungo il fiume e possibilità di fare escursioni coi canotti. Inoltre la Mur fa in quel punto da confine fra Austria e Slovenia e dalle terme si vede la parte solvena del bel paesino (che in Austria si chiama Bad Radkersburg e in Slovenia si chiama Gornja Radgona), con il suo castello sulla collina.

Invece abbiamo visto solo da fuori le terme di Bad Blumau. Solo da fuori intanto perchè costa una botta, e poi perchè è pochissimo adatto ai bambini. Però, almeno da fuori, la visita merita, almeno se uno apprezza le architetture di Friedensreich Hundertwasser.

Ultime annotazioni sparse. Ci sono altre terme, come quelle di Bad Gleichenberg, che non abbiamo provato perchè decisamente orientate alla clientela adulta ed al relax; altre, come quelle di Bad Waltersdorf, che non abbiamo provato perchè erano troppo lontane. Una amico ci aveva caldamente consigliato di visitare Kőszeg in Ungheria, che in effetti sembra bella ma dista da Kapfenstein almeno un’ora e tre quarti di macchina, e con in bambini era improponibile (per arrivare poi in un borgo antico…). Fürstenfeld, il centro un po’ più grosso della zona, non è brutta ma non abbiamo trovato niente di entusiasmante. Invece pensiamo con gratitudine al Burgenlandhof di Jennersdorf dove, dopo le nove di sera, di ritorno dalle terme, quando ci stavamo già rassegnando all’idea di cenare in stanza con acqua e biscotti (in Austria in genere le cucine chiudono verso le otto e mezza di sera, e nella nostra fattoria era uno dei giorni senza mezza pensione) abbiamo invece trovato questo bel ristorante con giardino, buona cucina e la commovente attenzione della cameriera che quando ha preso le ordinazioni ci ha segnalato che sul retro c’era un angolo per i bambini con scatolone di lego, seggioline e tavolini, dove i piccoli si sono intrattenuti fino all’arrivo della cena.

Insomma, una bella vacanza.

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Mentre ero in vacanza all’estero, in Italia è successo qualcosa che per me è doppiamente interessante dal momento che riguarda il diritto e il rapporto fra Stato e religione.

È stata infatti pubblicata la sentenza del TAR Lazio con cui sono stati decisi i ricorsi riuniti nn. 4297/2007 e 5712/2008 R.G.

E che roba è?

È la sentenza che avrebbe fatto gridare al mons. Diego Coletti (presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università) al “più bieco illuminismo che vuole la cancellazione di tutte le identità“ (anche se, a quanto pare, la frase deriverebbe da una semplificazione sensazionalistica ed il pensiero, anche se non molto diverso, sarebbe un po’ più articolato). È la sentenza con cui sono state annullate due oredinanze ministeriali con le quali si stabiliva che gli insegnanti di religione e quelli delle materie alternative partecipassero agli scrutini per l’attribuzione dei crediti scolastici per gli studenti che si avvalevano di tali insegnamenti.

Siccome molto è già stato detto e scritto, e la maggior parte delle cose sono affermazioni, giuste o sbagliate, del tutto slegate dalla realtà dei fatti, ho deciso di approfondire l’argomento e di fare, per me e per chi lo ritiene utile, questo post in cui si sistemano un po’ di concetti. Altrove le considerazioni personali.

Dunque.

In Italia, come sa chiunque sia andato a scuola dal 1929 ad oggi, è previsto che in tutte le scuole pubbliche si tengano lezioni settimanali di insegnamento della religione cattolica.

Nell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole si è passati attraverso vari gradi, e si naviga ancora per molti versi nell’ambiguità: viene infatti insegnata la fede cattolica, che viene trattata sostanzialmente come una qualsiasi altra materia, ma a differenza delle altre materie la frequenza delle lezioni non è obbligatoria ed in teoria non dovrebbe “fare media”.

Giusto per capirsi, con un esempio, su come le cose sono organizzate: uno studente di un liceo classico deve apprendere, durante l’ora di geometria, nozioni come “il piano euclideo: relazioni tra rette, congruenza di figure, poligoni e loro proprietà” e imparare a fare cose come “calcolare perimetri e aree” o “realizzare costruzioni geometriche elementari utilizzando anche strumenti informatici”; quello stesso studente deve apprendere durante l’ora di religione nozioni come “Gesù, il Figlio di Dio che si è fatto uomo: vita, annuncio del Regno, morte e risurrezione, mistero della sua persona nella comprensione della Chiesa” e imparare a fare cose come “individuare in Gesù Cristo i tratti fondamentali della rivelazione di Dio, fonte della vita e dell’amore, ricco di misericordia ” o “argomentare una risposta a critiche ed obiezioni formulate sulla credibilità della religione cristiana”. Il tutto come da programmi ministeriali (o, come vengono chiamati adesso, i Piani degli studi e Obiettivi specifici di apprendimento).

La differenza, a livello di organizzazione, è che, mentre attualmente gli studenti sono bbligati a studiare la geometria, se invece non intendono frequentare l’ora di religione cattolica, possono non farlo e devono in tal caso scegliere fra: frequentare corsi alternativi; dedicarsi allo studio personale assistito o non assistito; uscire dall’istituto scolastico.

Le ordinanze ministeriali di cui si occupa la sentenza del TAR prevedevano sostanzialmente che gli insegnanti di religione o della materia alternativa partecipassero agli scrutini per l’assegnazione del credito scolastico.

Questa cosa dei crediti scolastici ho dovuto studiarmela, perché ai miei tempi non c’era e non ho figli in età scolare, e facevo confusione fra crediti scolastici e crediti formativi. In sostanza adesso il voto finale dell’esame di maturità (si dovrebbe dire “esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore” ma mi fa schifo solo a pensarci) va fino a un massimo di 100 punti: fino a 45 punti dipendono dagli scritti, fino a 30 punti dipendono dagli orali, fino a 25 punti dipendono dai crediti scolastici. I crediti scolastici sono a loro volta dei punti che vengono attribuiti di anno in anno sulla base dalla media dei voti dell’anno stesso; a seconda della media si applica una “banda di oscillazione” fra un minimo e un massimo. Per esempio: se la media matematica di tutti i voti del primo anno del triennio è maggiore di 6 e inferiore o uguale a 7, la banda di oscillazione è fra 4 e 5 punti di credito scolastico.

E come si fa a decidere fra 4 e 5 punti?

Ecco, è tutto qui il nocciolo della faccenda: si decide in consiglio di classe valutando se complessivamente lo studente merita il punteggio più alto o quello più basso, e per far ciò si tiene conto degli eventuali crediti formativi (dati da attività extrascolastiche) e dei pareri dei docenti. Secondo le circolari ministeriali in questione (che, per inciso, – e qui ci sarebbe da fare un altro post chilometrico – sono state eemanata dal Ministro Fioroni, ex DC, laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ora PD, ministro dell’Istruzione nel governo Prodi, ex DC, laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ora PD) a queste deliberazioni del consiglio di classe “i docenti che svolgono l’insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo”.

Cosa significa? Significa, secondo quanto hanno sostenuto i ricorrenti (almeno per quanto è dato di capire dalla sentenza) che chi fa l’ora di religione o l’ora di materia alternativa ha un insegnante in più in consiglio di classe, e quindi una voce potenzialmente favorevole ad un credito scolastico più alto, mentre chi decide di non fare né l’ora di religione né quella alternativa, ma semplicemente di uscirsene dalla scuola ha un insegnante di meno.

Questi i fatti.

E su tutto questo cos’ha detto la sentenza del TAR?

Ha detto sostanzialmente che è sbagliato il presupposto di partenza del ragionamento che sta alla base delle ordinanze impugnate, ovverosia che l’insegnamento della religione sia paragonabile all’insegnamento delle altre materie. A differenza di tutte le altre materie l’insegnamento della religione riguarda infatti non il sapere e la conoscenza ma la fede e la coscienza. Una cosa è infatti pretendere che uno studente sappia calcolare il perimetro di un triangolo equilatero di data altezza, e una cosa diversa è pretendere che sappia spiegare con argomenti convincenti perché i musulmani, gli ebrei o gli atei sbagliano mentre i cristiani hanno ragione. È quindi illegittimo e sbagliato trattare il profitto nella materia scolastica “religione” come il profitto nelle altre materie.

Infatti, ricorda il TAR, la legge prevede che non esista alcun “voto di religione”, che non compare neppure in pagella, ma che esista solo un separato giudizio (una “speciale nota” la chiama la legge), che non fa media e che serve a dar conto dei risultati ottenuti da chi ha ritenuto di seguire i corsi.

È un po’ come dire (questo lo aggiungo io per chiarire il concetto) che lo Stato, riconosciuto il valore della religione e l’importanza ed il peso sociale della religione cattolica in particolare, mette a disposizione le proprie risorse e le proprie infrastrutture scolastiche per dare, a chi ne è interessato, una possibilità di approfondimento religioso, ma che però tale approfondimento deve rimanere separato e indipendente dall’attività scolastica vera e propria.

È poi anche illegittimo e sbagliato ritenere, aggiunge il TAR, che chi decide di frequentare l’ora di religione o l’ora alternativa meriti un trattamento diverso rispetto a chi decide di non frequentare nessuna delle due e preferisca uscire di scuola, quasi che i primi fossero da premiare perché fanno uno sforzo in più mentre il terzo no perché è uno scansafatiche: se infatti la scelta dell’ora di religione è libera, come è giunto (e previsto dalla legge) che sia, allora ciò deve necessariamente significare che chi decide di non avvalersene non debba essere trattato in modo diverso sotto nessun aspetto rispetto agli altri.

Tutto ciò senza contare che la scelta della c.d. materia alternativa in molti casi è meramente teorica siccome gli istituti scolastici non attivano i corsi per mancanza di fondi.

Quindi, conclude il TAR, siccome le ordinanze ministeriali impugnate sono in contrasto con la lettera c) dell’articolo 9 della legge 121 del 1985, per cui l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non può “dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”, le ordinanze stesse vanno annullate. Tutto ciò non per scelta ideologica e preconcetta, ma in base alla legge, alla costituzione ed alle sentenze che si sono susseguite sul tema.

Niente di più, niente di meno.

Questi i presupposti, l’oggetto e la conclusione della storia.

Visto tutto questo, le lamentazioni sulla discriminazione degli insegnanti di religione, sulla persecuzione ai danni dei cattolici, sull’eliminazione delle diversità ecc., sono semplicemente incomprensibili, per non dire pretestuose o in malafede.

Ma allora si tratta di minuzie insignificanti? Neanche per idea, si tratta di pilastri fondamentali della società, ma di questo nei post con le mie considerazioni.

Una postilla tecnica per quanto riguarda la sentenza: i ricorrenti avevano chiesto al TAR Lazio di sospendere l’efficacia delle ordinanze ancora prima di annullarle con sentenza, e il TAR Lazio aveva accolto tale richiesta ritenendo che, anche senza approfondire l’esame, le argomentazioni dei ricorrenti erano almeno superficialmente condivisibili. Poi il TAR ha confermato questa sua posizione anche nella sentenza. Nel frattempo però il Consiglio di Stato aveva già deciso sull’appello proposto contro il provvedimento di sospensione, e lo aveva revocato facendo una valutazione sommaria del tutto opposta a quella del TAR. Adesso la sentenza finale del TAR verrà impugnata dal Ministro Gelimini. Davanti al Consiglio di Stato.

Ceterum censeo Silvium Berlusconi esse destitendum.